riforma condominio

L'amministratore è l'organo di gestione e rappresentanza del condominio. La sua figura è riconducibile a quella del mandatario con rappresentanza.

In altri termini, l'amministratore di condominio è quella figura (mandatario) che, in virtù di un contratto, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici nell'interesse di un altro soggetto (mandante/condòmini).

 

Ma il suo mandato quanto dura?

Premesso che lo stesso può essere revocato, per volontà assembleare, in ogni tempo, nel qual caso il condominio può essere tenuto al risarcimento dell'eventuale danno in suo favore, fatta salva l'ipotesi della revoca per giusta causa, l'amministratore dura in carica un anno.

Dubbi sono stati avanzati a tal proposito in virtù della recente riforma della materia condominiale (L. 220/2012) e, in particolare, dell'art. 1129 c.c., per il quale “L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore” (comma X), tuttavia, l'incarico era e deve considerarsi tutt'ora di durata annuale.

In realtà, in fase di lavori preparatori alla Legge 11 dicembre 2012, n. 220, era stata avanzata la proposta di una durata biennale, tanto è vero che il testo originariamente previsto recitava: “L'incarico di amministratore ha durata di due anni, salvo diversa espressa deliberazione dell'assemblea, e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore”, poi modificato nel senso sopra visto, per il quale, con una sorta di compromesso, si è inteso limitare la durata ad un solo anno con rinnovo, tuttavia, per il medesimo periodo.

Pertanto, appare chiara la volontà del legislatore, anche in virtù della modifica al testo originariamente presentato, di voler limitare il mandato all'amministratore ad una sola annualità.

Cosa accade alla fine del primo anno di mandato?

Qui la questione diventa leggermente più complessa, sia per la non proprio felice formulazione della norma di cui all'art. 1129 c.c., sia per il difetto di coordinamento con le altre norme previste nel Titolo VII, capo II, del codice civile (Del condominio negli edifici), in particolare, con l'art. 1135 e 66 disp. att. c.c.

Ad oggi, si contrappongono due correnti di pensiero.

1) Quella che ritiene che l'amministratore, allo scadere dell'annualità, non sia tenuto ad inserire all'ordine del giorno la “conferma” dell'amministratore ovvero la “prosecuzione dell'incarico”, salvo non venga richiesto espressamente dai condòmini. Detta teoria si basa essenzialmente sulla mancanza di norme che impongano all'amministratore di sottoporre all'assemblea la propria riconferma o la sua revoca.

2) La teoria contraria, invece, è quella che ritiene che l'amministratore sia obbligato, alla scadenza del termine annuale, a sottoporre all'assemblea la “conferma o la revoca” dell'amministratore. La motivazione data dai sostenitori di questa teoria è più articolata, e fa leva sulle ulteriori disposizioni stabilite per l'amministratore, in particolare l'art. 1135, co. 1, c.c., per il quale l'assemblea dei condomini provvede “1) alla conferma dell'amministratore e dell'eventuale sua retribuzione”, in combinato disposto con l'art. 66 disp. att. c.c., che stabilisce come l'assemblea, viene convocata annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135, tra cui, appunto, la conferma dell'amministratore.

Non vi è dubbio che tale ultimo orientamento appaia suggestivo, tuttavia, non spiega fino in fondo perché il legislatore abbia indicato una durata dell'incaricodi un anno con rinnovo per eguale durata (1 + 1), così mostrando una chiara volontà di rinnovazione tacita del contratto di mandato.

A tal proposito giova ricordare come il legislatore, quando ha voluto predisporre la tacita rinnovazione di un contratto, si pensi ad esempio a quello di locazione ad uso abitativo o commerciale, ha proprio utilizzato la medesima formula utilizzata per la durata in carica dell'amministratore, prevedendo appunto un rinnovo tacito di uguale durata (contratto di locazione a canone libero (4 + 4), contratto a canone concordato (3 + 2).

In altri termini, per evitare la proroga tacita e, pertanto, automatica, ha previsto che una delle parti debba adottare un comportamento fattivo, vale a dire comunicare la propria volontà di non rinnovare il contratto.

Allo stesso modo, anche in ambito condominiale, appare pertanto preferibile la tesi per la quale, se i condomini non intendano rinnovare automaticamente l'incarico dell'amministratore alla scadenza del primo anno, debbano farne esplicita richiesta e, pertanto, fare inserire all'ordine del giorno la “nomina” dell'amministratore.

Diversamente opinando apparirebbe irragionevole la disposizione dell'art. 1129 c.c. che stabilisce come “l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata” (1 + 1).

A ciò va senz'altro aggiunto che, in caso di conferma dell'amministratore per il secondo anno, allo scadere di questo, l'amministratore cessa ex lege dall'incarico, ed è obbligato a convocare l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore, che ben può essere il medesimo.

Nell'inerzia dello stesso, anche in questo caso, i condòmini possono legittimamente convocare l'assemblea per provvedere in tal senso.

In conclusione, potremmo affermare senz'altro come l'amministratore rimane in carica un anno e che, in mancanza di volontà contraria dell'assemblea, il mandato si rinnova per egual periodo, fino alla scadenza del secondo anno, allorquando l'amministratore decade di diritto dall'incarico.

 

Alla scadenza dell'annualità, i condomini possono legittimamente nominare un nuovo amministratore, eventualmente inserendo all'ordine del giorno il relativo punto ovvero convocando spontaneamente l'assemblea ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c., in caso di inerzia dell'amministratore.